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Cosa succede quando i bambini non fanno esperienza?

 

Bentornata sul blog!

 

Oggi parliamo di cosa succede quando i bambini non fanno esperienza.

 

Si parla sempre di come stimolarli ma poi li vediamo al telefono o al tablet per delle ore e talvolta ci dimentichiamo che dei bambini pigri e svogliati non possono diventare degli adulti proattivi!

 

Come faccio a saperlo?

 

Da quando ho iniziato a fare Montessori ho avuto modo di osservare sia molti bambini che adulti, riscontrando caratteristiche comuni nei loro vissuti legati all’aver avuto genitori apprensivi o screditanti che non permettevano loro di fare esperienza. Ho potuto rianalizzare quello che è stato il mio vissuto e posso dire di essere la prova vivente di cosa porta un certo approccio e cosa ne porta uno totalmente opposto.

 

Il Montessori, seppur da adulta, mi ha permesso di riappropriarmi e di integrare concetti, soprattutto matematici che per me erano incomprensibili, come le frazioni per esempio.

 

Non puoi immaginare la gioia che ho provato nello scoprire ed esplorare da sola il materiale delle frazioni, arrivando a comprenderle da sola, semplicemente toccando o per tentativi ed errori! Impagabile! Era una scoperta e una conquista dietro l’altra con logica deduttiva. Ad ogni passo i miei occhi si illuminavano sempre più, finalmente avevo capito le frazioni che nella mia carriera scolastica erano sempre state motivo di voti molto scarsi.

 

 

Lo stesso è valso allenarmi ad essere concentrata e presente nelle presentazioni dei vari materiali, soprattutto quelli di vita pratica – i travasi in particolare –, permettendomi di affinare i miei movimenti.

 

Se è stato possibile per me che sono adulta, cosa potrebbe essere per un bambino che è una spugna che assorbe il mondo che lo circonda?

 

Il mio lavoro come Tata mi porta a conoscere molte famiglie ed ho potuto constatare che c’è molto “un’ansia del vaso da riempire” – passami il termine – per cui si è molto preoccupati nel dover far fare ai figli diversi sport, laboratori di ogni sorta, assistere ad eventi di chissà che matrice culturale, leggere il libro migliore, viaggiare appena nato, andare sempre al cinema, aver assaggiato di tutto (meglio se bio), fatto le cose più assurde e complesse, il tutto condito dal dare tante spiegazioni teoriche in modo che sappia il più possibile.

 

Peccato che resti tutto ad un livello mentale, nozionistico e spesso i bimbi non sono accompagnati da noi adulti ad elaborare, metabolizzare e parlare di ciò che hanno fatto o vissuto, facendo perdere di valore l’esperienza stessa!

 

Quindi, Ilà, che bisogna fare? Non dobbiamo far fare esperienza e stare ad aspettare sull’amaca che passi il treno?

 

È importante far fare esperienza per apprendere, soprattutto toccando e facendo fino ai sei anni, non solo a livello mentale e mnemonico. Non serve che a tre anni spiegate tutte le proprietà di una pianta, senza farla vedere. È meglio se la vede, la tocca, la annusa e semplicemente dite il nome, senza riempire di nozionismo che non può esperire. Come fa a fare esperienza che quella pianta cura quella determinata malattia o disturbo? Avete gli strumenti per farlo e dimostrarlo in quel preciso momento?! Quindi non serve!!!.

 

Se vedete che è molto interessato ed è fissato sulle piante, potete spiegarlo tranquillamente: sarà tra le cose che gli resteranno maggiormente perché partiva da lui ed era motivato. Se poi a tre anni non saprà tutte le piante e le proprietà ce ne faremo una ragione. Magari qualche anno dopo tornerà ad appassionarsi dell’argomento e a studiarlo da solo o magari non ne vorrà più sapere. Il tempo ce lo dirà!

 

Imparare facendo o “learning by doing” è il biglietto da visita dell’attivismo pedagogico di John Dewey, che permette una vera comprensione. Attraverso il fare, le semplici azioni vengono da noi immagazzinate come azioni meccaniche più complesse. Successivamente grazie ad una riflessione sull’operato e sull’esperienza che avviene in modo spontaneo e a volte per libere associazioni nei bambini, assistiamo ad un’interiorizzazione e maggiore consapevolezza dell’esperienza. Non basta solo fare esperienza o toccare, ma occorre anche rifletterci e discuterne con sé stessi o con altri.

 

Giacomo Rizzolatti e il suo team che ha scoperto i neuroni specchio sostiene ciò che sosteneva anni fa Maria Montessori “…il cervello che agisce è anche e innanzitutto un cervello che comprende”. Il movimento è quindi direttamente collegato all’intelligenza, lo confermano diversi studi tra cui spicca Daniel Wolpert, medico neuroscienzato che spiega in questo video al TED che il cervello si evolve per controllare il movimento!

 

 

Nel metodo Montessori possiamo inoltre notare che il movimento non è mai fine a sé stesso, le attività sono svolte con uno scopo ben preciso che impegnano la persona in modo costruttivo.

 

Non sovraccaricare tuo figlio o per lo meno supportarlo nel periodo successivo nell’elaborazione e far decantare l’esperienza, prima di rifarne subito un’altra, chiedendo cosa è piaciuto e cosa no, mettere in relazione, fare paragoni e associazioni, cosa ha capito, dal momento che siamo nell’era in cui le uova sono quelle della gallina -a livello mentale- e realmente del supermercato -a livello di esperienza pratica.

 

Hai la possibilità ogni giorno di far fare tante esperienze al tuo bambino senza dover fare, inventare o costruire chissà che o andando chissà dove!

 

Un altro cardine montessoriano, strettamente collegato, è il “non-intervento” dell’adulto. Quale principio più difficile da applicare come genitori, nonni o insegnanti?!

 

Quante volte ti sarà capitato di dire al tuo bambino il mantra genitoriale “fermati, attento, non correre che sudi, fai così che è meglio, non fare questo, non fare quello, si dice così…”?

 

Va bene se fai fare dei laboratori dove tuo figlio fa esperienza del mondo che lo circonda, senza manifestare troppe apprensioni.

 

Basta porsi le tre domande magiche:

 

1- Sta arrecando danni a sé stesso in ciò che sta facendo?

2- Sta arrecando danni ad altri in ciò che sta facendo?

3- Sta arrecando danni all’ambiente in ciò che sta facendo?

 

Se la risposta è no, prima che parta il tuo giudizio automatico, fai un respiro profondo e lascialo fare, provare e anche sporcarsi (tanto c’è la lavatrice e ti ricordo che esistono vestiti che possono non essere stirati). Tutte queste esperienze saranno fondamentali nella sua vita, più di mille laboratori, eventi culturali, cinema del mondo, perché avrai lasciato la libertà di seguire il suo intuito e indirettamente imparerà ad avere fiducia in sé stesso, attraverso l’esperienza pratica e diretta che avrà permesso un apprendimento che resterà come un sigillo per sempre. A distanza di tempo ti ringrazierà, anche solo dicendoti “mamma ti ricordi quando abbiamo visto la coccinella nel prato quel giorno?”.

 

Riepiloghiamo:

 

  • Lascia fare l’esperienza di vestirsi da solo (in questo articolo ti spiego meglio) senza sostituirti anche fino ai 7-8 anni solo perché fai prima. Nel farlo tu, potrà avere problemi di coordinazione nel vestirsi e nel movimento. Dopo non stupiamoci se “è un po’ goffo!”. Grazie al Montessori ho trovato dei trucchi per accompagnare i bambini nella vestizione autonoma che hanno aiutato anche me a riappropriarmi di questo tassello mancante della mia esperienza di bambina. Basta che sono concentrata e che ricordo i trucchi o le formulette magiche che uso con i bambini e anche per me il gioco è fatto!
  • Lascia costruire, smontare ed inventare, purché sia nella sicurezza (rispondendo alle tre magiche domande di prima). Ogni qualvolta interverrai con un altro tipico giudizio genitoriale “lascia stare, non sai fare, faccio io”, sappi che stai togliendo la possibilità di fare un’esperienza, affinare i suoi movimenti e minando alla sua autostima. Ma se non mi lasci provare? – penserà giustamente il tuo bambino. So che lo fai in buona fede. Tante volte mi sono sentita dire queste parole e questo ti porta ad essere poco pratico da adulto, anche nella manualità un po’ goffa con cui rimetti una lampadina perché soltanto l’hai visto fare e non hai provato, e a non credere in te stessa e nelle tue capacità.
  • Fai fare attività di vita pratica, come travasi, pulizie, vestirsi da solo e cucina che allenano al problem-solving e affinano la manualità fine, altrimenti si troveranno da adulti che nel travasare acqua da una bottiglia all’altra senza imbuto, la metà la faranno uscire fuori. Parola di Tata Montessori per la sua esperienza! Impiegherai minor tempo a mostrare come fare e ne sarai ripagato di monete d’oro d’affetto per tutta la vita, rispetto a dire i soliti rimproveri genitoriali.
  • Chiedi a lui “come possiamo fare”. Per migliorare la capacità del problem solving, chiedi a tuo figlio “come possiamo fare?”, lo stai allenando sempre più a trovare soluzioni con il minor numero di passaggi possibili, quello che verrebbe detto in un termine montessoriano “economia dei movimenti” (minimo sforzo – massima resa), solo ciò che serve senza disperdere energie inutili.

 

Ecco in cosa mi ha aiutato il Montessori da adulta e come vedo che condividere la mia esperienza e ciò che ho imparato con i bambini può aiutare anche te genitore!

 

Un abbraccio! Al prossimo articolo!

Ilaria Cichetti – Tata Montessori

 



 

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